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Introduzione

Dalle prime rime con i Club Dogo fino all’estetica monumentale di progetti come Mr. Fini e Guesus, il percorso di Guè non si è mai limitato a una sequenza di brani. La sua carriera somiglia piuttosto a un racconto cinematografico a lungo respiro, in cui il rap diventa linguaggio narrativo. Per il “Guercio”, il cinema non è un semplice riferimento estetico, ma una matrice profonda della scrittura: un immaginario in cui il noir francese di Jacques Audiard si intreccia con la Milano feroce di Fernando Di Leo e le tragedie urbane di Brian De Palma.

Non è solo citazionismo. Guè lavora come un regista: campiona dialoghi iconici, assorbe atmosfere notturne e indossa i panni dell’antieroe contemporaneo, trasformando i suoi dischi in vere e proprie colonne sonore di storie di strada. Per comprendere fino in fondo il suo linguaggio e l’origine delle visioni che attraversano brani come Chico o Un Profeta, non basta l’ascolto: serve guardare in faccia i personaggi che lo hanno ispirato.

In questo articolo abbiamo selezionato cinque film chiave che costituiscono l’ossatura visiva della sua discografia. Per entrare davvero nel mondo di Guè, il primo passo è passare da questi schermi.

Guè

5 film da vedere se ascolti Guè

1. Milano Calibro 9 (1972)

Il legame: l’estetica Fastlife e la Milano di Guè.
Considerato il vertice del poliziottesco italiano, Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo mette in scena una città grigia, ostile, attraversata da criminali, poliziotti ambigui e regole non scritte. Il personaggio di Ugo Piazza non è un eroe né un martire, ma un uomo che cerca di sopravvivere in un sistema già corrotto, dove la violenza è un linguaggio quotidiano.

Perché vederlo:
Guè ha più volte raccontato come questo film rappresenti l’anima più autentica della sua Milano, quella lontana dalle cartoline e più vicina alla strada. I dialoghi di Di Leo vengono campionati in diversi brani, in particolare all’interno della saga Fastlife, e l’immaginario urbano, notturno e disilluso che attraversa i suoi mixtape nasce proprio da qui. Non è solo un omaggio: è una vera e propria trasposizione culturale, in cui il poliziottesco anni ’70 diventa colonna portante del rap milanese.

Fonte: Outpump, “Fastlife 4: tutti i film citati da Guè Pequeno” (2021).


2. Il Profeta (2009)

Il legame: la trasformazione del “ragazzo d’oro”.
Diretto da Jacques Audiard, Il Profeta racconta l’ascesa silenziosa e inesorabile di Malik, un giovane che entra in carcere come figura marginale e ne esce come un uomo di potere. È una storia di formazione criminale, costruita su sguardi, attese e scelte fredde.

Perché vederlo:
Guè ha spesso indicato questo film come uno dei suoi preferiti, proprio per il modo in cui racconta l’evoluzione del protagonista. Il brano Un Profeta, contenuto in Ragazzo d’oro, nasce direttamente da questa suggestione. La figura di Malik diventa una metafora del self-made man di strada, un tema che ritorna costantemente nella sua scrittura: non l’esaltazione del crimine, ma la lucidità di chi impara a muoversi in un contesto ostile, adattandosi alle sue regole.

Fonte: Intervista di Vittorio Zincone, Sette – Corriere della Sera (2012).


3. Scarface (1983)

Il legame: ambizione, eccesso e consapevolezza della fine.
Il Tony Montana di Brian De Palma è probabilmente la figura più abusata nella cultura rap, ma nel caso di Guè il riferimento va oltre il simbolo. Scarface diventa un modello narrativo che racconta il desiderio di ascesa e il prezzo inevitabile che questo comporta.

Perché vederlo:
In Chico Guè cita direttamente una delle frasi più iconiche del film, ma è nell’insieme della sua discografia che il riferimento assume peso. Brani come Tony, realizzato con Marracash, riflettono sul paradosso di voler incarnare un’icona pur conoscendone la caduta. È un immaginario che parla di lusso, potere e solitudine, elementi che Guè utilizza con una consapevolezza più narrativa che celebrativa.

Fonte: Raphaolic, “CineRap – Chico: le citazioni di Guè a Scarface” (2020).


4. Malèna (2000)

Il legame: iconografia e costruzione dell’immagine.
Il film di Giuseppe Tornatore è lontano, per temi e ambientazione, dai classici gangster movie. Eppure, la sua forza visiva ha avuto un impatto diretto sull’estetica di Guè, in particolare sulla rappresentazione del potere e dello sguardo collettivo.

Perché vederlo:
La celebre scena in cui il personaggio interpretato da Monica Bellucci accende una sigaretta circondata da decine di mani viene ripresa quasi fedelmente nella copertina di Vero. Guè utilizza questa citazione per costruire un’immagine simbolica: il centro della scena, l’attenzione totale, il culto della figura. È il cinema che diventa linguaggio visivo della musica, non semplice decorazione.

Fonte: Vulcano Statale, “Cinque esempi di citazionismo cinematografico nel rap” (2021).


5. Fratelli d’Italia (1989)

Il legame: ironia, slang e identità italiana.
Accanto ai noir e ai gangster movie, Guè ha sempre mostrato un forte legame con la commedia italiana degli anni ’80 e ’90. Fratelli d’Italia, con il personaggio di Cesare Proietti interpretato da Christian De Sica, rappresenta un’altra faccia del suo immaginario.

Perché vederlo:
Battute, atteggiamenti e riferimenti allo stile di vita ostentato tornano spesso nei testi e nelle interviste di Guè. È qui che nasce quell’equilibrio tra serietà e ironia, tra oscurità e auto-rappresentazione sopra le righe, che lui stesso ha definito “zarrogante”. Un elemento fondamentale per comprendere la complessità del personaggio.

Fonte: Esse Magazine, “Guè senza freni: passioni nascoste e cinema” (2021).

Conclusione

Questi film non sono semplici riferimenti culturali, ma veri e propri strumenti di lettura della musica di Guè. Dal poliziottesco italiano al cinema d’autore francese, fino al mito hollywoodiano, ogni visione contribuisce a costruire un immaginario coerente. Ascoltare Guè, in fondo, significa anche guardare il cinema che ha formato la sua visione.

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