Damat Drummer: suona le strade del mondo
Oggi vi presentiamo Damat Drummer nome d’arte di David D’Amato. Damat è un ragazzo modenese classe ‘94, con una grande passione per la batteria o meglio per gli strumenti da percussione. Infatti Damat il più delle volte non suona una semplice batteria bensì diversi oggetti da percussione come pentole, padelle e secchi di plastica. Damat gira da anni le piazze e strade principali d’Italia e d’Europa esibendosi in stupefacenti street show davanti a un pubblico improvvisato di persone che si avvicinano incuriosite dalle straordinarie melodie ritmate che lasciano spesso gli spettatori a bocca aperta. Ma non perdiamo altro tempo e andiamo subito a conoscere di persona Damat Drummer.
T: Siamo curiosi di sapere com’è iniziata la tua passione per la batteria, anzi per gli strumenti da percussione in generale visto che non suoni con una semplice batteria. Andavi in giro a bacchettare le cose più assurde che trovavi anche da bambino o hai iniziato con altri strumenti?
D: Fin da piccolo suonavo con ogni oggetto che trovavo per casa: pentole, mestoli, coperchi, tutto ciò insomma che potesse produrre un suono. Quando i miei genitori che mi avevano iscritto a lezione di chitarra videro che invece di far vibrare le corde, giravo lo strumento e lo suonavo come se fosse uno djembe, mi comprarono la prima batteria. Ho suonato così la batteria per molti anni con diverse band e ho avuto occasione di registrare in diversi studi fra cui lo Studio 54 di Montecarlo.
Da appassionato della musica elettronica e del mondo clubbing, iniziai a creare un nuovo format: suonavo improvvisando con pad elettronici e bonghi, affiancando i Dj. Continuava però ad avvincermi l’idea che ogni oggetto potesse produrre un suono assumendo una nuova identità, diventando uno strumento musicale. Decisi quindi di abbandonare il progetto Pad e Percussioni e di girare le strade del mondo con il mio spettacolo street inteso anche come un laboratorio sperimentale a cielo aperto dentro il quale si mescolano suoni e ritmi Techno / Techouse.
Dopo aver suonato nelle strade di vari paesi Europei e in altri luoghi di spettacolo fuori dall’Europa, sono cresciuti in me interessi e tante idee da tradurre in diverse produzioni. Ho deciso quindi di concentrarmi anche sulla realizzazione di miei singoli con suoni e ritmi street creati da me. Da circa due anni per la realizzazione del mio spettacolo street nel mondo dei club e festival ho creato un format in relazione al quale suono tutta la parte ritmica in live su basi composte da me, usando la mia strumentazione street microfonata. In questo momento quindi i miei obiettivi sono quelli di portare il mio spettacolo street, nelle strade del mondo e, con l’aggiunta di melodie, rappresentarlo anche nei club e nei festival, continuando intanto a produrre anche i miei singoli.
T: Ormai ti stai facendo un nome tra le piazze più importanti d’Italia, ma c’è stato un momento preciso in cui hai capito che suonare sarebbe stato il tuo futuro? Come hai iniziato a farti conoscere e quale consideri il traguardo più importante che hai raggiunto finora?
D: Diciamo che non c’è stato un momento preciso, me lo sentivo già da bambino che avrei voluto vivere di musica. Mi sono fatto conoscere pian piano suonando prima in varie piazze italiane e poi all’estero, nelle strade più note. Circa tre anni fa, feci un video in diretta su Facebook mentre suonavo in Via Toledo a Napoli; questo video è diventato virale, ha fatto il giro del mondo ed attualmente ha 53 milioni di visualizzazioni (senza contare quelle dello stesso video caricato da altre pagine). Il traguardo più importante per me attualmente è vedere che sempre più gente da varie parti in Italia e all’estero mi segue e mi supporta.
T: Molti dei tuoi beat richiamano chiaramente al genere techno anche se con uno stile quasi unico dato dagli strumenti che scegli di suonare volta per volta. Ti definisci in questo genere musicale o ti senti più uno spirito libero?
D: In questi anni ci ho riflettuto molto e sto ancora cercando il mio genere, ma sinceramente quando suono penso più ad un ritmo Techouse. Detto questo io mi definisco comunque uno spirito libero, perché non mi piace essere circoscritto in un solo genere; suono ed esprimo quello che sento senza pensare ad alcun genere.
T: Hai iniziato a suonare nelle piazze e strade d’Italia ma sei già salito anche su alcuni palchi importanti. Ovviamente un palco è un contesto molto differente rispetto a una piazza ma quali sono gli aspetti, tra cui emozioni e sensazioni, che li accomunano e quelli che li differenziano?
D: Sicuramente in entrambi i casi è bello vedere che la gente si diverte e si emoziona ascoltando la musica creata con la tua arte. La differenza però c’è: suonando ad un evento o ad un festival la gente è lì perché sa già che suonerà Damat, suonando in una piazza invece, il palco te lo devi creare tu. In questo caso infatti le persone si fermano solamente se le colpisci e riesci a emozionarle con la tua arte e la tua creatività.
T: E l’ansietta che sale prima di uno show è maggiore quando ti esibisci su un palco rispetto che in strada?
D: L’ansia è la stessa in entrambi i casi ma ormai non la chiamerei più ansia, ma adrenalina e questa serve per dare il meglio di sé.
T: In fin dei conti dove preferisci esibirti: su un palco o in strada?
D: Essendo due contesti differenti non ho una preferenza e questo mi fa molto felice.
T: Come dicevamo, ti sei esibito in molte piazze d’Italia e non, ti abbiamo sentito suonare anche all’estero. Quali sono le principali piazze e città in cui hai suonato? E in quali invece non hai ancora suonato e non vedi l’ora di andarci?
D: A livello di piazze ho suonato in quasi tutta l’Italia, all’estero mi sono esibito a Ibiza, in Slovenia, in Croazia, a Berlino, a Londra. A livello di club/festival ho suonato in Italia, in Austria, ad Abu Dhabi, nelle Filippine. Non vedo l’ora di andare a suonare in America e quando la pandemia passerà penso che nulla potrà trattenermi.
T: Tra tutti questi posti, quale ti ha regalato l’esperienza più bella che ti ricorderai per sempre?
D: Fortunatamente ogni posto mi ha regalato esperienze belle, diverse, emozionanti, anche inaspettate e soprattutto mi ha fatto conoscere persone meravigliose.
T: La cosa sorprendente della tua arte sono proprio gli strumenti che usi, che cambiano di volta in volta, e quando ti vedo suonare mi chiedo sempre: gli strumenti te li prepari prima a seconda della melodia o li trovi in giro poco prima di suonare?
D: Cerco sempre di trovare nuovi strumenti per creare sonorità differenti da variare per ogni spettacolo.
T: Tra tutti questi strumenti qual è il tuo preferito, o meglio quale strumento fa un suono che non può mai mancare nelle tue performance?
D: Sicuramente un suono che non può mancare è il suono del secchio che io utilizzo come kick (cassa)
T: È sorprendente vedere gli oggetti che scegli per suonare, vorremmo sapere quale oggetto preferisci per sostituire:
la grancassa: per riprodurre il suono della grancassa utilizzo un secchio
il rullante: il suono del rullante è una mensola in ferro
i timpani e i piatti: per i suoni alti e le melodie utilizzo le pentole.
T: Abbiamo visto che Merk & Kremont hanno avuto l’onore di suonare con te ? e devo dire che è stata una gran figata. Siamo curiosi di sapere com’è nata questa collaborazione.
D: E’ nata sul momento, io stavo suonando il mio set, loro erano nel camerino, appena mi hanno sentito sono venuti fuori ad ascoltarmi e subito dopo aver bevuto un drink insieme, mi hanno chiesto di suonare qualcosa con loro ed ovviamente io ho accettato!
T: Facciamo un gioco, se in un futuro avessi la possibilità di collaborare con solo un artista, chi sceglieresti?
D: Mi sono soffermato dieci minuti a riflettere su questa domanda, ma non riesco a rispondere, ho stima per troppi artisti, non saprei sceglierne solo uno. Una canzone però sarà sempre nel mio cuore ed è la canzone Played A Live dei Safri Duo.